mercoledì 28 maggio 2014

Brasile 1950

Brasile 1950 (24 giugno-16 luglio) – Campione: Uruguay
Formazione della finale: Màspoli Gonzàlez Andrade Tejera Gambetta Pérez Varela (c) Ghiggia Moràn Schiaffino Miguez – All.Lòpez Fontana
Marcatori della finale: Friaça (B) Schiaffino (U) Ghiggia (U)
Percorso dei vincitori: Uruguay-Bolivia 8-0; Uruguay-Spagna 2-2 Uruguay-Svezia 3-2 Uruguay-Brasile 2-1
Piazzamenti: 2.Brasile, 3.Svezia, 4.Spagna
Partecipanti: 13 squadre
Capocannoniere: Ademir (9 reti)
Media reti: 4 a partita


Borghi
Ademir


















Dopo la guerra che aveva imposto l'annullamento di due edizioni dei Mondiali, il pallone iridato riprende a rotolare in Brasile, mentre l'Europa si divide in blocco occidentale (Alleanza Atlantica), legato agli Usa anche dagli aiuti del Piano Marshall, ed orientale (Patto di Varsavia), con a capo l'URSS; l'Italia è una Repubblica parlamentare la cui spinta alla rinascita ha la compagnia delle imprese sportive del Grande Torino (così famoso che nel decennio successivo Altafini, centravanti della Nazionale brasiliana viene soprannominato, per la somiglianza fisica, Mazola; i piemontesi avevano disputato delle amichevoli in Sudamerica e la mancanza di tornei internazionali per Club rivela la grande impressione suscitata dal numero dieci di Cassano d'Adda) e degli amici-rivali Bartali e Coppi.
Al torneo iridato non sono invitate Germania e Giappone, perchè principali responsabili belliche, invece l'Italia partecipa, in quanto Paese detentore dellla Coppa Rimet, fisicamente nella persona del dirigente federale Barassi.
Schiaffino

Il Maracanaço è un brivido che corre lungo la schiena brasiliana ogni volta che si sentono favoriti (sempre?) in una manifestazione calcistica, ogni volta che affrontano i cugini in maglia celeste.
Decine di migliaia di spettatori (170mila la stima ufficale, 200mila quella ufficiosa) assistono sugli spalti all'ultima gara del torneo, una sorpresa che, agli occhi dell'osservatore attento, non è così sensazionale; sanno tutto del pallone i brasiliani, sanno tutto del calcio gli uruguaiani trionfatori: questo l'incitamento trasmesso dal capitano Varela ai compagni intimiditi dalla folla.
I favoriti, forti delle goleade a Spagna e Svezia in quel girone finale all'italiana (formula che rappresenta un unicum nella storia della manifestazione), nonostante il vantaggio continuano a praticare il calcio offensivo proprio del loro dna e vengono beffati.
Suicidi e lutto nazionale di tre giorni per una Nazionale che non centra il traguardo cui è predestinata, in quanto di ottimo livello: il centravanti Ademir (9 reti in 4 partite) e Zizinho su tutti gli altri.

Le stelle dei Campioni sono il regista Pepe Schiaffino, elegante cucitore di gioco dotato di senso del gol e di un 'radar al posto del cervello' (secondo Cesare Maldini, suo compagno in rossonero), e Ghiggia (il solo ancora vivente della finale, ala destra in forza poi alla Roma), non a caso i marcatori, abili ad approfittare degli spazi lasciati dalla foga casalinga; in mezzo al campo strenua la resistenza di Andrade (nipote del vincitore al Centenario) e di Varela.
Vittoria di intelligenza, già nel primo tempo Miguez colpisce una traversa sempre in contropiede.

I gironi che avviano il torneo, senza più eliminatorie dirette, hanno lo scopo di portare più incassi ad un Paese dalle risorse naturali immense, ma non sfruttate.
La Celeste passa con un comodo 8 a 0 (tripletta di Miguez) alla Bolivia; la rinuncia a partecipare da parte di Scozia e Turchia rende quella unica sfida nel girone.
L'India è costretta al forfait: non sono abituati a giocare colle scarpe.

La Nazionale si gioca la qualificazione contro la Svezia campione olimpica, un 2 a 3 cui non pone rimedio il successo sul Paraguay; i diciotto giorni di nave condizionano l'approccio ambientale e fisico, ma Superga ha lasciato strascichi, oltre ad aver sottratto quasi tutti i titolari.
Al rientro in Patria i soli Carapellese e Lorenzi usano la nave, peraltro.


Curiosità – dopo Barbosa i brasiliani non convocano portieri di colore sino a Dida e dopo la disfatta casalinga rinunciano alla maglia bianca (con colletto blu e scudetto giallo) per la camiseta verde-amarehlo; Gatljiens a Belo Horizonte, complici le parate dell'italoamericano Borghi, infilza gli spocchiosi albionici (a riposo il primo Pallone d'Oro, Sir Stanley Matthews, in campo fino ad oltre il suo mezzo secolo), le cui trasmissioni radio, in Europa, pensano ad un'interruzione del segnale (Inghilterra-Usa 0-1: no, sarà 10-1, pensano); lo stadio Maracanà si appropria del nome di un variopinto pappagallo femmina tipico della regione.

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