Uno non è più tifoso perchè è "sempre presente" o perchè "è andato fin là" o perchè "quella volta ho fatto questo o quello".
Non riesco proprio a definirmi più o meno tifoso di Tizio o Caio solo perchè io c'ero/non c'ero o perchè io ho fatto/non fatto.
Sono tifoso del Monza, biancorosso "dentro".
Lo sono diventato quando da bimbo quasi incosciente venivo portato al Sada da mio padre, mio zio e chi per loro.
Ho il ricordo di via Mentana percorsa a piedi, il biglietto fatto al baretto prima di imboccare la via per il Sada, le code alle biglietterie o, addirittura, nei match clou il mercanteggiare dei bagarini. La calca all'ingresso, durante la gara, dopo la gara. Il cordiale durante l'intervallo, le caramelle per me.
Lo sono stato per buona parte della mia adolescenza e giovinezza.
Ricordo diversi episodi, diverse partite, diverse trasferte. La prima trasferta in solitario, senza parenti al seguito, che è stata in occasione della partita contro la
Virescit Boccaleone (vabbè, giocavo quasi in casa ...). La prima trasferta battagliera a Como, in treno, il corteo verso lo stadio in mezzo all'accanimento dei tifosi avversari. Tante prime volte, tante seconde volte, tante altre volte.
Virescit Boccaleone (vabbè, giocavo quasi in casa ...). La prima trasferta battagliera a Como, in treno, il corteo verso lo stadio in mezzo all'accanimento dei tifosi avversari. Tante prime volte, tante seconde volte, tante altre volte.
Poi "i fatti della vita" mi hanno allontanato dallo stadio, diventato passatempo solo saltuario. Ma non per questo mi sono sentito meno tifoso. Sono rimasto biancorosso anche in mezzo alla marea di altri tifosi variopinti che mi dileggiavano perchè cercavo nelle ultime pagine della Gazzetta o su sconosciute pagine del Televideo i risultati del mio Monza. Loro giocavano in categorie superiori e mi trattavano come uno che di calcio non ne capiva niente, e forse a ragione, ma nessuno di loro potrà mai insegnarmi cosa significa attaccamento ai propri colori.
So cosa vuol dire essere ancora qui ed essere ancora biancorosso "dentro" dopo solo qualche anno dal ritorno al Brianteo ed alle trasferte quasi in pianta stabile, nonostante le vicissitudini societarie degli ultimi anni che ci hanno colpito dolorosamente.
La categoria, il numero dei tifosi in casa o trasferta, i chilometri percorsi, il numero di partite a cui partecipi ... Tutto questo in fondo non conta nulla.
Ognuno è ciò che è, ed io non mi sento di giudicare nessuno anzi, non posso che apprezzare e stimare chi, come me anche se alla sua maniera, è tuttora un biancorosso "dentro".
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Unico piccolo, piccolissimo neo? Mi rivolgo ai giocatori ... Vero che l'attaccamento alla maglia non si misura in chilometri o in decibel di voce persi per sostenervi ma in occasione dei tre goal solo un piccolo cenno dello stanchissimo D'Errico al rientro a centrocampo dopo il suo goal e dopo il festeggiamento con gli altri è stato rivolto al contubernio di tifosi che si sono sciroppati 600 chilometri e passa. Sì, ok il saluto finale, ma un goal è sempre un goal e festeggiarlo con chi incita sempre, anche nei momenti più difficili, mi pare non sia chiedere troppo. Senza polemica e men che meno arrabbiatura, intendiamoci, ognuno è libero di gioire come preferisce soprattutto durante la trance agonistica però un pochino più di attenzione avrebbe fatto piacere. Contraltare, il prolungato applauso di Ruffini verso di noi a fine gara anche dopo che i compagni si erano già diretti verso lo spogliatoio. Piccolo gesto, grande stima.
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