La frase dell'illustre filosofo romano Seneca, che trovate nel titolo, racchiude il mio
pensiero sulla domenica appena trascorsa. Mancanza di coraggio. Serve coraggio
al mister, che deve trovarne nel fare le scelte giuste, ai giocatori, che arretrano
e non osano per la paura, ed ai tifosi, che nonostante l'impegno di
pochi non si stanno trasformando nel dodicesimo uomo.
A mister Delpiano rimprovero
di non averci provato da subito. Sono ben
conscio che la situazione psicologica della sua squadra sia molto
fragile ma deve essere lui il primo a dare la scossa. Già ad inizio
campionato questa squadra ha dimostrato di non essere in grado di
gestire una difesa a cinque. Abbiamo subìto molto nelle prime giornata
ed il motivo era chiaro, la difesa lavora bene ma il centrocampo non
sostiene, non filtra e, soprattutto, non costruisce, mentre gli esterni
non hanno le caratteristiche adatte a fare le due fasi. Insomma, si
costruisce un primo tempo come quello di ieri dove non succede alcunchè.
Questo era lo scopo? Non so, di certo questo è stato l'errore. I
ragazzi sono fragili psicologicamente, e ci sta pure, ma si è
lavorato diversi mesi con la difesa a quattro e con tutti i movimenti dalla cintola in su che ne derivano, togliergli anche queste certezze porta al
risultato che i ragazzi non si trovano in campo quando devono
costruire ed iniziano a temere l'errore. Non ci sono gli uomini adatti in tutti i ruoli, nè per uno schema nè per l'altro, per questo coperta
rimane sempre troppo corta ma, in ogni caso, un po' più di coraggio in queste scelte credo possa aiutare.
Ai ragazzi scesi in campo non si può rimproverare la mancanza d'impegno.
Io, in tutta onestà, non la rimprovero loro da inizio stagione, almeno
nel 99% dei casi. Ma anche questi devono capire che l'impegno fine a se
stesso non serve. Per far fruttare l'impegno serve anche non avere paura
di provarci, di rischiare, di tentare, di fare ... Serve anche
sbagliare se si ha la volontà di reagire. I fischi del pubblico non fanno male
fisicamente, devono essere considerati solo il miglior spunto
psicologico come sprone a far meglio. Serve compattezza, unione d'intenti ma
soprattutto serve smetterla di seguire chi nulla ha a che fare con il
campo. Le uniche voci da seguire sono quelle del mister e dei propri
compagni, in particolare di quelli più anziani che hanno esperienza da
regalare. Io sono convinto che i nostri ragazzi siano più maturi di
quanto vengono dipinti e se troveranno un poco di coraggio
potranno dimostrarlo.
Per ultimi ho lasciato i tifosi (tra i quali mi includo). Non c'è molto
da rimproverare, anzi, ci sarebbe molto per cui elogiare, ma vorrei
lasciare uno spunto di riflessione. Al Brianteo si possono individuare
almeno tre gruppi differenti di tifosi (SAB, MCL e "quelli della Ovest",
che non so come si chiamino davvero). In trasferta, di solito, esistono
solo i "tifosi del Monza" e cioè chi arriva con una sciarpa biancorossa si
unisce agli altri e si mette a cantare. Se in trasferta, anche senza
numeri eccezionali, si fa la nostra bella figura ma, soprattutto, si
sostiene degnamente la squadra, al Brianteo questo cambia radicalmente.
Non sono in discussione la passione, la capacità di sostenere la
squadra o i numeri dei tifosi, è in discussione la capacità dei tifosi
monzesi di fare "tifo insieme". Prendiamone atto, al Brianteo,
quest'anno quanto meno, il tifo non è mai stata il dodicesimo uomo in
campo se non in sporadiche occasioni che, di norma, coincidono con le partite di cartello. E non tiriamo in ballo i
risultati, la stagione, la categoria ... Ribadisco che non discuto i
numeri ma la frammentazione. Il mio Invito sarebbe rivolto ai
responsabili dei tre gruppi citati, e di eventuali altri che mi possono
essere sfuggiti, a valutare questo situazione che ho visto io e se anche
loro vedessero la situazione in questo modo li inviterei a pensare se
vi si possa porre rimedio. Forse, e dico forse, basta anche
per noi solo un poco di coraggio.
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