Dalla pag. facebook:
"Ci sentiamo in dovere di
rispondere ad alcuni articoli apparsi sui giornali odierni che sembrano
voler cavalcare il clima di “caccia alle streghe” che spira in Italia
sin dalla partenza di questo campionato.
Una premessa è d’obbligo,
perché l’argomento è delicato e la strumentalizzazione “fa parte del
gioco”, non del nostro, però, perché noi non abbiamo il timore di dire
quello che è il pensiero nostro e,
crediamo, della stragrande maggioranza dei tifosi italiani. Il razzismo è
un problema che va affrontato con serietà e chiarezza: quella serietà e
quella chiarezza che ci consentono di poter affermare che noi siamo
convinti che il razzismo NON esista nel calcio, quantomeno in quello
italiano.
Se il tifoso fosse razzista non accetterebbe nemmeno lo
presenza di giocatori di diverse etnie nella propria squadra e sappiamo,
invece, che ormai tutte le squadre (anche nei campionati minori) hanno
giocatori stranieri. Se ci fosse razzismo tutti i giocatori non italiani
o non bianchi, verrebbero egualmente insultati: brasiliani o
giapponesi, africani o sudamericani… e questo non è mai accaduto.
Nel calcio, però, come in quasi tutti gli altri sport molto popolari,
esistono da sempre gli “sfottò”, i fischi e – magari anche – gli insulti
verso i giocatori (come verso i tifosi) avversari; soprattutto quanto
uno di questi commette falli oppure se ha un atteggiamento non corretto
(come è accaduto nello specifico caso del centravanti del Rimini).
Nel passato, giocatori come Gullit o Stankovic, non si sarebbero mai
fermati per un insulto rivolto al colore della pelle o alla loro
provenienza territoriale. Loro giocavano, correvano, segnavano
(guadagnavano) e capivano che tutto il resto rientrava nella “logica”
del tifo. Oggi, invece, pare esista l’ossessione di voler tutelare
persone che sono comunque dei privilegiati, lautamente pagati per
giocare in un rettangolo verde. Il risultato è di farne davvero dei
“diversi”, perché – paradossalmente, si può fischiare o fare “buuu” a
chiunque ma non a un giocatore di colore. Quando tocca la palla un
giocatore di colore dovrebbe calare il silenzio sullo stadio? Non
sarebbe – questo sì – razzismo? Noi, invece, pensiamo che sia possibile
fischiare un africano, un asiatico o un sudamericano esattamente come si
è sempre fischiato un avversario italiano. Anzi, pensiamo che questo
sia il modo migliore per farlo sentire come gli altri, come sempre, come
ovunque nel mondo! Il resto è ipocrisia da salotti bene, quelli che
trattano da serva una filippina o sfruttano un lavoratore nero in
fabbrica.
Domenica i più insultati dalla curva sono stati il
portiere che, tuttavia, a fine partita ha preso anche gli applausi
scusandosi per la sciarpa dietro la porta e l’italiano Osio, che ne ha
sentite di tutti i colori ma ci ha riso su in conferenza stampa. Forse
prendersi meno sul serio gioverebbe a questo sport dove, ormai, gli
unici veri discriminati sono i tifosi: trattati come delinquenti,
inquadrati come teppisti, soggetti a leggi speciali e schedature,
costretti a rinunciare anche a striscioni, bandiere o fumogeni… Buoni
solo a pagare il biglietto.
Ci spiace, infine, che anche il
sindaco, invece di tutelare i suoi concittadini e l’immagine di Monza,
sia ricorso alle solite frasi di condanna preconcetta, verso quelli che,
evidentemente, per lui, non sono degni della città…. A questo punto,
speriamo almeno che non ci faccia pagare le prossime addizionali
comunali. O per quelle andiamo bene? "
CURVA DAVIDE PIERI
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